La Caritas parrocchiale segno di speranza: si è svolto il Convegno che unisce comunità, fede e carità

Sabato 10 maggio si è svolto a Catanzaro, presso l’Aula Magna dell’Istituto Teologico Calabro “San Francesco da Paola”, il Convegno per gli operatori delle Caritas parrocchiali, promosso dalla Caritas Diocesana di Catanzaro-Squillace, dal titolo: La Caritas parrocchiale segno di speranza.

Un appuntamento diventato ormai annuale, voluto dal nostro Arcivescovo, dal direttore e da tutta l’équipe della Caritas diocesana per dare l’opportunità alle parrocchie di creare rete e avere un momento di confronto e formazione.

Dopo l’ accoglienza dei partecipanti, affidata ai ragazzi del Servizio Civile, e la preghiera iniziale, don Vitaliano Caruso, referente del settore Comunicazioni della Caritas diocesana, ha presentato il programma del convegno, che arriva al termine di un percorso di formazione con le Caritas parrocchiali – nel quale è stato ripreso il metodo Caritas: osservare, ascoltare e discernere – sottolineando che “questo appuntamento non vuole rappresentare una conclusione, ma piuttosto un nuovo inizio, un altro passo”, ricordando che “siamo chiamati ad aiutare la comunità a vivere la carità come stile, come scelta quotidiana, come annuncio concreto del Vangelo”.

La parola è poi passata a don Pietro Pulitanò, direttore della Caritas Diocesana, il quale, dopo i saluti e i ringraziamenti, ha introdotto il tema del convegno ricordando che “punto di arrivo della pastorale della carità è l’educazione della comunità a vivere un amore solidale, che spinge a sentirsi tutti responsabili di tutti, capaci di ascolto di quanto accade sulle strade della vita”.

Momento significativo del convegno è stato l’intervento di Alessandro Martini, ex direttore della Caritas di Firenze, che ha offerto una riflessione intensa sul significato di essere Caritas. Esprimendo con emozione e gioia il suo grazie per l’invito ricevuto, ha condiviso l’esperienza di una vita al servizio degli ultimi e della Chiesa, partendo da un’amicizia di lunga data con Mons. Maniago. Ha innanzitutto chiarito che la Caritas non è “un’associazione, un movimento, un’organizzazione libera di fedeli laici”, ma uno strumento pastorale della Chiesa, espressione di un impegno comunitario, radicato nella fede che testimonia la speranza e anima la carità nella comunità: “Se siamo strumento di pastorale automaticamente siamo testimoni di speranza” e, di conseguenza, animatori di carità nelle comunità parrocchiali. Alessandro ha, inoltre, sottolineato la necessità di distinguersi da modelli assistenzialistici per abbracciare una missione pedagogica, educativa e trasformativa.

Citando Benedetto XVI, ha poi ricordato che “è questo il distintivo cristiano: la fede che si rende operosa nella carità” e che la vera carità nasce dal sentirsi amati da Dio. Non si tratta di “fare del bene” per filantropia, ma di essere trasformati dall’amore ricevuto, per diventare dono per gli altri: “Non saremmo capaci di fare del bene, se non fossimo animati da qualcosa di più profondo”. E ha lanciato la proposta di un Osservatorio diocesano delle povertà e delle risorse, capace di raccogliere dati e indicazioni a servizio anche delle istituzioni, partendo dalla capillarità e dalla prossimità della rete ecclesiale.

L’intervento di Alessandro Martini si è chiuso ricordando che, in quanto cristiani, dobbiamo rendere ragione sempre della speranza che è in noi, “che è in noi, non fuori da noi, dentro di noi” e ha esortato i presenti a coltivare sogni, a fare discernimento di questi sogni per arrivare al “segno”: “Noi possiamo essere un segno nel tempo di oggi – e la Caritas è chiamata essere questo: un segno dell’amore di Dio, che è la carità, dell’amore di Cristo che è l’unico vero bene e vero amore assoluto – solo se siamo uomini e donne che sanno sognare e sanno fare discernimento tutti i giorni con umiltà, ma anche con correttezza e con onestà intellettuale”.

L’augurio che ha fatto alla nostra Caritas è di continuare a regalarci occasioni come il Convegno annuale “per ritrovarsi, per stare insieme, per approfondire ciò che è nostro”. E ha concluso ribadendo ancora una volta che “non siamo quelli dell’assistenza, siamo quelli della Chiesa che vuole camminare insieme con tutti in un cammino di speranza, perché è un cammino di amore; e non salveremo il mondo, perché lo salva solo nostro Signore, ma la nostra parte la dobbiamo fare”.

Il Convegno è proseguito con un momento laboratoriale animato dal Servizio Diocesano per la Pastorale Giovanile, rappresentato da Francesco Costa, che ha proposto domande e spunti su cui riflettere in piccoli gruppi. Un’occasione per confrontarsi e portare al centro le esperienze delle comunità.

Prima delle conclusioni, sono state presentate tre opere segno nate dall’esperienza e dall’impegno della Caritas diocesana: il progetto O.A.S.I., gestito dalla Fondazione “Città Solidale”, impegnata in numerosi ambiti dell’accoglienza e dell’inclusione sociale; il Centro d’Accoglienza Sant’Antonio, che offre numerosi servizi a favore delle persone in situazione di grave marginalità; il Centro Oikos, che si occupa dello sviluppo umano integrale dei giovani, promuovendo percorsi di formazione, crescita e promozione giovanile in una prospettiva integrale.

Non solo servizi, ma espressioni vive di una comunità che si prende cura dei più fragili, segni concreti e visibili di una Chiesa che si fa prossima e responsabile.

A concludere i lavori è stato l’Arcivescovo, che ha ribadito l’identità della Caritas come espressione della comunità cristiana tutta, non delegabile a pochi. Le opere di carità rappresentano un segno di una comunità cristiana e devono essere considerate come responsabilità condivisa. Ha sottolineato l’importanza di tenere insieme liturgia, catechesi e carità, come tre dimensioni essenziali e comunicanti della vita ecclesiale. Ha ribadito l’importanza del rapporto con le Istituzioni, alle quali non bisogna sostituirsi, ma la Caritas, anche – e soprattutto – attraverso le parrocchie, può fare da “osservatorio” per le necessità (da qui la necessità di istituire l’Osservatorio delle povertà e delle risorse). Ha rilanciato infine la necessità di fare rete, formarsi e camminare insieme, facendo del Convegno un appuntamento fisso per la diocesi.

La giornata si è conclusa con un pranzo condiviso nel refettorio del Seminario, dove i partecipanti hanno potuto continuare la conoscenza reciproca, lo scambio di esperienze e la fraternità vissuta. Un ulteriore segno di quella comunità concreta e accogliente che la Caritas si impegna ogni giorno a costruire.