HOPE: speranza oltre il confine

I media sono popolati da informazioni sui flussi migratori, l’immagine viene presentata come una crisi dei tempi moderni; eppure il movimento è nel DNA umano, a tal punto da poter definire l’uomo come “Homo Migrans”. E così dovrebbe sorgere spontaneamente il quesito: perché l’uomo migra? Cosa lo spinge ad abbandonare affetti e la propria cultura?

I motivi possono essere molteplici. Dietro un apparentemente semplice “mi sono spostato per motivi economici” si cela tanto, forse anche troppo, dolore e sacrificio.  La migrazione può assumere una caratteristica volontaria o, al contrario, involontaria; eppure un’identificazione netta del tipo di migrazione che i singoli individui hanno intrapreso non sarà mai possibile. Non vi è bianco e nero, una linea netta di separazione non potrà mai essere definita.

Cambiare prospettiva allora è fondamentale: la crisi di cui le reti di informazioni parlano, quel nemico che cercano di fomentare, fallisce. La vera crisi, invece, appare essere la disumanità imperante che affligge i movimenti migratori.

Proprio questo l’argomento di formazione che ha visti nuovamente protagonisti i ragazzi del Servizio Civile Universale mercoledì 16 luglio. Un argomento delicato, quasi provocatorio per le opinioni contrastanti che fa emergere, però fondamentale per la società tutta e specialmente per i giovani in servizio.

Il web offre la possibilità di informarsi in modo istantaneo su questa tematica, ma bisogna chiedersi se il web, il telegiornale, i discorsi delle figure pubbliche siano veramente la fonte più attendibile e veritiera. La realtà è che, per quanto questi canali possano offrire informazioni, le testimonianze più toccanti, vere, che fanno aprire mente e cuore sono quelle delle persone che si incontrano, di quelle persone che hanno nutrito il proprio spirito di speranza per una vita migliore e si sono imbarcate in viaggi ardui e pericolosi per realizzare questo sogno.

La loro esperienza non è sempre a lieto fine, molti perdono “il gioco della tratta”, spesso il viaggio è pericoloso, umiliante, caratterizzato da disumanità perpetuata dall’umanità che incontrano. Cosa possono fare i volontari dinnanzi questa realtà è mostrare un lato positivo dell’essere umani, essere porto sicuro dove coloro che trovano il coraggio di raccontarsi dopo essere giunti alla “meta” possano approdare le loro storie di vita, diventare custodi della loro sofferenza e, dove possibile, generare speranza dal loro coraggio

Una giornata piena di riflessione, di presa di coscienza che ha concesso ai giovani di aprire la loro mente e soprattutto tendere il proprio cuore a questa situazione così complessa in modo da diventare partecipanti informati e formati di questa realtà.